L’AI non ti può capire
(ma può potenziare il tuo business)
Vi è mai capitato di aprire ChatGPT e non sapere da che parte cominciare per arrivare a un risultato utilizzabile all’altezza delle aspettative? Di scrivere un prompt per Midjourney e poi riscriverlo altre decine di volte, proseguendo per approssimazione o affidandovi a un’altra AI, prima di arrivare all’immagine “desiderata”? E comunque non era ciò che avevate in mente. Il famoso artista dissidente Ai Weiwei (Ai, ironia della sorte, non c’entra nulla con l’intelligenza artificiale) in una recente intervista a Repubblica* descrive questa sensazione di insoddisfazione attribuendone le motivazioni alla natura stessa dell’AI, un tool al quale “manca la scintilla dell’immaginazione e la passione che sono proprie della creatività umana. Siamo comunque di fronte a una entità senza vita”. In un contesto in cui la relazione esseri umani vs macchina è sempre più importante, come fare quindi a trovare il giusto equilibrio? Qual è la formula per approcciarsi a questo strumento per arrivare a un risultato soddisfacente? Esiste un rischio di appiattimento ideologico e uniformità creativa nascosto dietro all’uso massivo dell’AI e che conseguenze avrebbe nel mondo della comunicazione?
Ho volutamente iniziato la stesura di questo articolo con una serie di interrogativi per evidenziare come la chiave di lettura risieda proprio in questo dettaglio: porre dei quesiti. In questo caso rivolti all’AI di turno. Certo, fare delle buone domande non è un esercizio banale e non sempre le risposte sono chiare. Arrivare a un risultato valido può richiedere molta energia, esperienza e sensibilità che un algoritmo non può restituire.
Nel campo della creatività, che in OpenKnowledge permea ambiti quali il learning, il branding, il change management, la comunicazione corporate o quella interna, superiamo i limiti di questo “nuovo” strumento basando il nostro approccio sull’aspetto umano della progettazione creativa: la forza delle idee. L’AI non può sostituirle, non lo sa fare.
Tra Intelligenza Artificiale e creatività umana
Come ormai due secoli fa la fotografia muoveva i primi passi per diventare strumento indispensabile dell’espressione umana, così come fece Photoshop negli anni ’90, anche l’intelligenza artificiale sta trovando il proprio posto accanto a questi strumenti per potenziare le idee e trasformarle in realtà. Se lasciamo una macchina fotografica ferma su un cavalletto, non succede nulla. Prendere il controllo dello strumento è fondamentale – richiede impegno e sfide continue – ma, in quanto tale, rimane solo un mezzo grazie al quale definire il risultato. In questo processo, la figura del creativo professionista rimane elemento centrale proprio perché in grado di tracciare l’idea dalla quale tutto scaturisce. Citando la stessa intervista dell’artista cinese, se ci affidassimo completamente allo strumento “per giungere a conclusioni sul mondo [..] ecco che la verità inizia a distorcersi, [..] fornendo risposte solo apparentemente adeguate ma che, tuttavia, non sono né profonde né approfondite”.
Se interpretiamo la parola “verità” – specchiando il suo significato all’interno del mondo del business – con il concetto di “output”, ecco che il rischio di andare incontro a risultati molto simili tra loro si manifesta inesorabilmente. Se ogni business, brand o progetto iniziasse a comunicare attraverso gli stessi codici visivi o di linguaggio utilizzati da altri, banalizzati dal freddo utilizzo di una macchina, il proprio modo di esprimersi e di condividere i propri valori perderebbe immediatamente di efficacia. E quando la comunicazione perde di efficacia anche il business rischia di trascurare la propria identità e andare alla deriva.
Oltre l’omologazione: preservare l’identità aziendale attraverso l’espressione creativa e l’uso intelligente dell’AI
L’immagine di copertina e quella qui sopra sono state create con l’utilizzo di Midjourney
Teniamo in considerazione che non è soltanto la forma con la quale una comunicazione viene veicolata che stupisce e che rende il messaggio “memorabile”, è soprattutto il significato che c’è dietro a farlo. È il senso che spinge l’audience a compiere l’azione che gli stiamo chiedendo di fare, fine ultimo della creatività applicata. La realizzazione gioca un ruolo essenziale, ma è l’idea sulla quale appoggia che “fa il lavoro”. In OpenKnowledge progettiamo con questo metodo sapendo che l’AI ci permette di sviluppare con un alto grado di possibilità espressive ma che il valore aggiunto sono le persone che ne sfruttano il potenziale. La qualità espressa è frutto dell’esperienza che il nostro team – un insieme di professionisti con background, seniority e skill eterogenee – ha maturato nel proprio percorso per sapere come utilizzare l’AI a vantaggio di un’idea. È quindi la simbiosi tra pensiero e mezzo che guida la realizzazione di messaggi sempre più coerenti ai target verso i quali li rivolgiamo e al mercato sul quale atterrano, vestendosi con una matrice innovativa di senso, acquisendo forza e riconoscibilità man mano che vengono reiterati.
Crediamo che L’AI possa giocare un ruolo decisivo in tale processo e che il business al quale lo applichiamo possa beneficiare dello stesso potenziamento, anticipando il futuro e mantenendo alto il livello qualitativo del modo in cui si esprime. L’AI non ci rende più veloci, non ci rende più capaci, ci rende più potenti.
* “L’intelligenza è solo umana” di Antonello Guerrera, la Repubblica,16 febbraio 2024
Autore
Andrea Carminati